mercoledì 18 ottobre 2017

Tragica fine di quattrocentomila Usipeti e Tencteri     (CESARE)

Germani post tergum clamore audito cum suos interfici viderent, armis abiectis signisque militaribus relictis se ex castris eiecerunt et, cum ad confluentem Mosae et Rheni pervenissent, reliqua fuga desperata magno numero interfecto reliqui se in flumen praecipitaverunt atque ibi timore lassitudine vi fluminis oppressi perierunt.
Nostri ad unum omnes incolumes perpaucis vulneratis ex tanti belli timore, cum hostium numerus capitum quadringentorum triginta milium fuisset, se in castra receperunt.
Caesar iis, quos in castris retinuerat, iscedendi potestatem fecit. illi supplicia cruciatusque Gallorum veriti, quorum agros vexaverant, remanere se apud eum velle dixerunt. His Caesar libertatem concessit.

                                                         Traduzione
I Germani sentito alle spalle il clamore, vedendo che i loro erano massacrati, buttate le armi ed abbandonate le insegne militari si cacciarono fuori dall'accampamento, ed essendo giunti alla confluenza della Mosa e del Reno, essendo la restante fuga disperata, massacrato un gran numero, gli altri si gettarono nel fiume e qui oppressi da paura, stanchezza, violenza del fiume perirono. I nostri incolumi fino all'ultimo, tutti, feriti in pochissimi dal terrore d'una guerra così grande, mentre il numero dei nemici era stato di quattrocento trenta mila persone, si ritirarono negli accampamenti.
Cesare diede la possibilità a quelli, che aveva arrestato negli accampamenti di andarsene. Essi temendo le pene e le punizioni dei Galli, i cui Campi avevano devastato, dissero di voler restare presso di lui. Ad essi Cesare concesse la libertà.

Cicerone - Cato Maior de Senectute - 51

Venio nunc ad voluptates agricolarum, quibus ego incredibiliter delector; quae nec ulla impediuntur senectute et mihi ad sapientis vitam proxime videntur accedere. Habent enim rationem cum terra, quae numquam recusat imperium nec umquam sine usura reddit, quod accepit, sed alias minore, plerumque maiore cum faenore. Quamquam me quidem non fructus modo, sed etiam ipsius terrae vis ac natura delectat. Quae cum gremio mollito ac subacto sparsum semen excepit, primum id occaecatum cohibet, ex quo occatio, quae hoc efficit, nominata est, deinde tepefactum vapore et compressu suo diffundit et elicit herbescentem ex eo viriditatem, quae nixa fibris stirpium sensim adulescit culmoque erecta geniculato vaginis iam quasi pubescens includitur; ex quibus cum emersit, fundit frugem spici ordine structam et fcontra avium minorum morsus munitur vallo aristarum.
                                                                 

                                                            Traduzione

Vengo ora ai piaceri degli agricoltori, dei quali mi compiaccio incredibilmente, né queste gioie sono rese inaccessibili dalla vecchiaia e mi sembrano avvicinare molto alla vita del saggio. Infatti hanno a che fare con la terra, che giammai rifiuta un ordine e rstituisce sempre ad usura ciò che le si è affidato, ma alle volte minore, e per lo più con interesse maggiore; nondimeno senza dubbio mi piace non solo il frutto ma anche la forza della terra stessa e la natura. Terra che quando accoglie nel grembo, reso morbido e lavorato, il seme sparso, da principio lo racchiude nascosto e, da questo che fa ciò, l'erpicare ha preso il nome, poi intiepidito dal calore e con la sua pressione si dilata e da questo viene fuori una verde fogliolina che, consolidata con le fibre delle radici, a poco a poco emana profumo e dritta con il fusto nodoso crescendo è già quasi avvolta dalle guaine; dalle quali quando ne è venuta fuori produce il frutto della spiga disposto con ordine ed è protetto contro il morso degli uccelli più piccoli da una palizzata di reste

martedì 17 ottobre 2017


Ecco a cosa serve un sosia!

Ma il re, poiché aveva concepito un odio implacabile contro Datame, dopo che capì che egli non poteva essere schiacciato in guerra, cercò di farlo uccidere in un agguato: (agguato) che egli riuscì più volte ad evitare. Una volta, essendogli stato riferito che gli tendevano insidie alcuni che erano nel numero dei (suoi) amici – in proposito, poiché glielo avevano riferito dei (suoi) nemici, pensò che non si dovesse né dare credito né lasciar perdere – volle sperimentare se gli fosse stato riferito il vero o il falso. Pertanto intraprese quel viaggio nel quale gli avevano detto che ci sarebbe stato l’agguato. Ma scelse uno di aspetto e di statura molto simile a sé e gli diede il suo vestito e gli ordinò di camminare in quel posto della schiera in cui era solito (stare) lui; egli stesso invece, incominciò a marciare con vestito e distintivi di soldato (lett.: militare) tra le guardie del corpo. Ma gli attentatori, dopo che la schiera giunse in quel luogo, ingannati dal posto di marcia e dall’abbigliamento, fecero impeto contro colui che era stato messo al posto (di Datame). Datame, però aveva precedentemente detto a coloro con i quali faceva il cammino che fossero pronti a fare ciò che avessero visto fare a lui [lett.: che egli stesso (faceva)]. Lo stesso (Datame), come vide gli attentatori accorrere, lanciò dardi contro di loro. Avendo fatto questa medesima cosa tutti quanti, gli attentatori, prima che raggiungessero colui che volevano aggredire, caddero trafitti.
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Saputo che gli si prepara un attentato, Datame fa indossare i suoi abiti ad un sosia e gli assegna il suo posto. Così riesce a salvare se stesso ed anche il sosia.

Rex (1), quod implacabile odium in Datamen susceperat, postquam bello eum opprimi non posse animadvertit, insidiis interficere studuit: quas ille plerasque vitavit. Sicut, cum ei nuntiatum esset quosdam sibi insidiari, qui in amicorum erant numero - de quibus, quod inimici detulerant, neque credendum neque neglegendum putavit -, experiri voluit, verum falsumne sibi esset relatum. Itaque eo profectus est, in quo itinere futuras insidias dixerant. Sed elegit corpore ac statura simillimum sui eique vestitum suum dedit atque eo loco ire, quo ipse consuerat, iussit; ipse autem ornatu vestituque militari inter corporis custodes iter facere coepit. At insidiatores, postquam in eum locum agmen pervenit, decepti ordine atque vestitu impetum in eum faciunt, qui suppositus erat. Praedixerat autem iis Datames, cum quibus iter faciebat, ut parati essent facere, quod ipsum vidissent. Ipse, ut concurrentes insidiatores animum advertit, tela in eos coniecit. Hoc idem cum universi fecissent, priusquam pervenirent ad eum, quem aggredi volebant, confixi conciderunt.