domenica 31 maggio 2015

La Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale: è l’organo dello Stato che ha il compito di valutare la legittimità delle leggi e referendum abrogativi,arbitrare i conflitti tra poteri dello Stato e Regioni, giudicare Presidente della Repubblica se in stato d’accusa. Corte Costituzionale è composta da: 5 giudici eletti dal parlamento in seduta comune; 3 giudici della corte di cassazione; 1 Consiglio di stato; 1 Corte dei conti; 5 dal Presidente della Repubblica. I magistrati durano in carica 9 anni Nei giudizi sulle accuse contro il Presidente della Repubblica la composizione della Corte viene con 16 giudici chiamati giudici aggregati. La carica di giudice costituzionale è incompatibile con quella di membro del Parlamento o di un consiglio regionale. Perciò, durante il periodo di appartenenza alla corte, i giudici che siano magistrati, deputati o professori non possono svolgere funzioni della loro materia. La corte elegge tra i proprio membri un presidente che dura in carica un triennio ed è rieleggibile fino a quando non è scaduto come giudice. Il presidente è eletto a maggioranza assoluta dei componenti. In caso di parità è eletto il più anziano in carica. Funzioni della corte costituzionale: -controllo sulla legittimità costituzionale delle leggi del Parlamento e leggi Regionali; -pronuncia sull’ammissibilità del referendum abrogativo; -giudizio penale relativo ai reati del Presidente della Repubblica Il controllo di costituzionalità delle leggi può avvenire seguendo due modelli diversi: -sindacato diffuso; -sindacato accentrato. Sindacato diffuso: qualsiasi giudice che si trovi ad applicare una legge può decidere sulla conformità alla Costituzione della stessa. Sindacato accentrato: la verifica di costituzionalità della legge sia attribuita esclusivamente a un particolare organo giurisdizionale costituzionale. Impugnativa diretta: ogni cittadino può proporre la questione di legittimità costituzionale direttamente all’organo incaricato. Giudizio in via incidentale è quello in cui la questione di legittimità costituzionale viene proposta alla Corte Costituzionale da un giudice durante lo svolgimento di un processo. Per avviare il procedimento è necessario: -che in processo si discuta dell’applicazione di una legge; -che sorga il dubbio che la legge sia incostituzionale; -che il processo non possa concludersi se non si risolve la questione. La questione di incostituzionalità può essere sollevata direttamente dal giudice o dal pubblico ministero (colui che sostiene l’accusa). Se la questione appare infondata il processo prosegue e la questione di incostituzionalità non viene sottoposta a giudizio della corte costituzionale, altrimenti se il giudice ritiene che bisogna dubitare della legittimità della legge, egli sospende il giudizio e rimette gli atti alla corte costituzionale. Apertosi il giudizio costituzionale, l’esame delle questione viene affidata a un giudice (giudice relatore) che ne riferisce agli altri giudici. I giudici, al termine di un udienza pubblica, si riuniscono da soli in camera di consiglio per emettere la sentenza. Sentenza di accoglimento: la corte costituzionale accoglie la tesi della incostituzionalità; essa avviene espressamente dichiarata nella sentenza che menziona anche gli articoli in contrasto. Sentenza di rigetto: quando la corte costituzionale dichiara l’infondatezza della questione. I conflitti di attribuzione possono essere: -tra i poteri dello stato; -tra stato e regione; -tra regioni. Perché possa sorgere un contrasto di attribuzione tra poteri dello stato occorre che: -esso sorge tra organi appartenenti o poteri diversi; -esso sorga tra organi competenti a dichiarare la volontà del potere a cui appartengano; -esso riguarda la delimitazione della sfera di attribuzioni. ex. Paralamento e Governo, Ministro della Giustizia e giudici. La procedura prevede un ricorso diretto alla Corte Costituzionale che esamina la questione e se ritiene che esista un conflitto la risolve indicando qual è il potere cui spettano le attribuzioni contestate. I conflitti tra Stato e Regioni o tra Regioni presuppongono che all’origine della controversia non ci sia un atto legislativo. La corte costituzionale esercita la funzione di risoluzione dei conflitti quando le controversie riguardano in un comportamento privo di carattere legislativo: ex. Atto amministrativo dello stato che invade la competenza regionale. La corte costituzionale decide sulla proponibilità del referendum abrogativo. Il ricorso al referendum abrogativo è ammissibile nei confronti di qualsiasi legge a eccezione di quelle: tributarie; di bilancio; amnistia e indulto. La corte costituzionale è giudice penale nei giudizi in cui il presidente della Repubblica è accusato di alto tradimento e attentato alla costituzionale. I° Fase = il Parlamento decide sulla messa in accusa a maggioranza assoluta dei suoi membri. Il Presidente della camera trasmette l’atto di accusa alla corte costituzionale. II° Fase = il Presidente della corte costituzionale provvede direttamente all’interrogatorio. III° Fase la corte si riunisce in camera di consiglio alla presenza dei giudici ordinari e aggregati. Nelle votazioni il presidente vota per ultimo e non sono ammesse astensioni. La Corte decide con sentenze inappellabile.

giovedì 28 maggio 2015

L'ostilità verso l'altro è la notte delle coscienze !

L’8 luglio 2013 a Lampedusa papa Francesco chiedeva: «Chi è responsabile del sangue di questi fratelli e queste sorelle in umanità? Abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna… la cultura del benessere ci rende insensibili alle grida altrui!». Siamo diventati insensibili perché non vediamo l’essere umano che c’è dietro ogni vita spezzata, mentre bisognerebbe conoscere ciascuno di loro: il suo volto, le sue sofferenze, le angosce e le speranze, le persone che ama e che ha lasciato, quelle che porta nel cuore ovunque vada, quelle che lo custodiranno sempre nel ricordo. E invece no: solo numeri, che hanno peso solo se sono alti, sempre più alti, mentre va sempre più a fondo la dignità di chi non vuole vedere, di chi distoglie lo sguardo dagli occhi dei propri compagni di umanità. Bisognerebbe ascoltarli quando parlano di chi hanno lasciato, delle violenze patite, della solidarietà ma anche della diffidenza incontrata nel nostro paese, di cosa sperano di fare non «nella» vita ma «della» loro vita. Bisognerebbe poter chiamare ciascuno per nome, il suo nome, quello con cui lo ha sempre chiamato chi lo amava e lo ama, poter scrivere quel nome su una busta, una cartolina postale come facevano tanti italiani all’estero fino a pochi anni fa; bisognerebbe poter conoscere il nome e il volto che c’è oggi dietro un profilo virtuale. E invece no: tutti loro sono numeri che infastidiscono altri numeri, quelli delle statistiche del nostro benessere. Sì, bisognerebbe davvero cambiare l’approccio al problema delle migrazioni e dei profughi, ma come farlo in un clima sociale e culturale che si è via via imbarbarito in questi ultimi venticinque anni? Abbiamo lasciato che il veleno dell’odio e dell’indifferenza verso l’altro inquinasse le falde dei nostri pozzi: uomini delle istituzioni che adottano il linguaggio delle bettole o delle promozioni televisive, personaggi pubblici che si vantano di «dire quello che pensano» senza minimamente pensare a quello che dicono e alle conseguenze che provocano, abitanti di terre e regioni che un tempo si vantavano di essere le più cattoliche svelano atteggiamenti di intolleranza antievangelica in misura più marcata di ogni altra zona. Anche nella chiesa italiana, che pur ha agito e agisce attraverso le sue istituzioni caritative con molta generosità e abnegazione verso i migranti, non manca chi dovrebbe interrogarsi sulle proprie responsabilità in questo processo di ammorbamento dell’aria nella convivenza civile: i tanti uomini e donne che in questi anni si sono fatti e continuano a farsi prossimo ai più deboli vengono dileggiati come «buonisti», chi si impegna quotidianamente per la pace è additato come imbelle «pacifista», chi denuncia i meccanismi perversi dell’idolo-mercato, fosse pure il papa, viene classificato come «comunista» o al massimo come «utopista». Vediamo espandersi come un contagio in tutta l’Europa questo clima di ostilità verso l’altro, soprattutto se povero, di gretto egoismo tribale, in un continente di cui solo pochi anni fa si decantavano le profonde radici cristiane e la cultura solidaristica dei ceti operai e dello «stato sociale». Che amarezza constatare che tra la «nostra gente» molti – ormai dimentichi del loro passato di migranti, della loro antica miseria, della loro fuga verso terre dove c’era speranza di pane – hanno bevuto questo veleno della negazione dello straniero. È l’amarezza del cardinale Parolin che confessa: «Personalmente mi dispiace molto che ci sia questo atteggiamento di chiusura che può diventare addirittura di disprezzo e di intolleranza nei confronti degli altri. E che succeda nella regione in cui sono nato e con cui conservo un rapporto di amore, appesantisce ancor di più...». Una regione, come altre in Nord Italia, un tempo definite «cattoliche»: ma «si può essere cattolici e dire di no all’accoglienza? La risposta ovvia è no! – ribadisce con forza il segretario di Stato – Non si può essere un buon cristiano se c’è una chiusura totale!». E invece vediamo crescere l’odio razzista, anche grazie alla propaganda martellante di impresari della paura che accomunano innocenti e criminali con perfida menzogna, la menzogna che vede in ogni immigrato, in ogni povero, in ogni straniero un attentato alla nostra sicurezza o al nostro benessere. Così anche il ripetere con papa Francesco che è in atto «la terza guerra mondiale» finisce addirittura per portare all’aberrazione di risposte armate a una tragedia umanitaria. Ma se una guerra mondiale è in atto, mondiali devono essere la solidarietà e gli sforzi per la pace, non le armi e i bombardamenti. Ipotizzare di distruggere o bombardare i barconi nei paesi di partenza è «un atto di guerra», come ha affermato mons. Vegliò in una nota del Pontificio Consiglio per i Migranti; proclamarsi «pronti a combattere», predisporsi a «passare all’azione» significa accettare la logica dell’intervento militare, della guerra: se non fossero parole pronunciate da chi non sa quello che dice, sarebbe un’autentica follia. Se non si vuole che i barconi affondino, è soluzione deleteria e ignobile colarli a picco in anticipo a colpi di bombe, magari ignorando se non sono già stati riempiti di scudi umani. Se si vuole che i disperati smettano di fuggire da zone di guerra, di violenza, di carestie è disumano lasciare che vengano sballottati e rivenduti più volte in una camera di tortura grande come un immenso deserto. Ma noi, con l’insana convinzione di poter creare barriere impenetrabili all’anelito di vita di intere popolazioni, cancelliamo ogni obbligo al rispetto dei diritti da riconoscere a ogni essere umano: così non si attivano corridoi umanitari ma si lascia che ogni pista nel deserto diventi terreno fertile per i trafficanti, i campi profughi si trasformino in bersagli indifesi o in incubatori di epidemie. Le parole di mons. Perego, direttore di Migrantes, ben esprimono il sentimento di molti di fronte a piani strategici che prevedono solo il respingimento di esseri umani come fossero rifiuti da tenere al largo della battigia: «Noi proviamo vergogna per una simile proposta!». In questa immane tragedia i cristiani di alcuni paesi – dal Medioriente alla Nigeria al Pakistan – sono tra i più esposti e indifesi, e rischiano di scomparire definitivamente da regioni che li hanno visti per secoli custodire la loro fede e convivere con i credenti dell’islam. Ma sbaglieremmo a pensare che si tratti di una guerra di religione da cui una parte uscirebbe vincitrice e l’altra sconfitta: è un problema di sconfitta dell’intera umanità, a cominciare da quella dignità insita in ogni essere umano, anche in quello che non voglio guardare e accogliere nel mio spazio vitale. Enzo Bianchi

domenica 24 maggio 2015

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MI STA A CUORE: Il mio saggio "Come si salva la democrazia" si può...: sul sito ilmiolibro.kataweb.it o sul sito della Feltrinelli ,acquisto online tempo di consegna 6-7 giorni. E' anche prenotabile presso ...

Il mio saggio "Come si salva la democrazia" si può trovare....

sul sito ilmiolibro.kataweb.it o sul sito della Feltrinelli ,acquisto online tempo di consegna 6-7 giorni. E' anche prenotabile presso tutte le librerie Feltrinelli in tutta l'Italia . Saggio Come si salva la democrazia di Vincenzo Parato.

sabato 23 maggio 2015

Per non dimenticare........ecco cos'è il renzismo !

Signore e signori ecco a voi .......il renzismo ! Il renzismo: aria fritta, gattopardismo, paraculismo. Ambizione carnivora, arrivismo sfrenato, ignoranza smodata: tutto, ma proprio tutto, pur di vincere. In confronto le Gelmini erano quasi Rosa Luxemburg. Vamos !

martedì 19 maggio 2015

UN VALORE CHE NESSUNO PUO' COMPRARE !

"Vi farò vivere immersi nella Gioia, Bambini, e il vostro Animo si colorerà per sempre... Perché crescerete sperimentando nella Vita il Valore delle Cose, non il loro prezzo. E quando un giorno non molto lontano avrò bisogno di Voi verrò a cercarvi e scoprirò che i Bambini straordinari che ho avuto l'onore di conoscere sono diventati Cittadini della Terra, Donne e Uomini con un grande Cuore, un Cuore di grande Valore: il Valore del “Donare”. Un Valore che nessuno, mai, potrà “comprare”.

Un Papa .....con la schiena diritta!!!

E Papa Bergoglio sempre più implacabile....altro che Papa venuto da lontano....conosce profondamente il nostro Paese !!! "In Italia la mentalità corrotta è riuscita a impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro, e soprattutto emarginando i deboli e i bisognosi».

sabato 16 maggio 2015

UGUALE E DIVERSO

Ognuno è unico e irripetibile concetto vero ed imprescindibile, che fa ogni uomo dall'altro diverso, ma tutti uguali al tempo stesso. Basso, paffuto,alto, slanciato, bianco di pelle o colorato. Chiuso, introverso, schietto, espansivo, superficiale o riflessivo. A chi piace dolce, a chi invece amaro, chi ama il rosso, chi sceglie il nero, Di gusti e scelte un'infinita' ma tutti siam parte dell'umanità. Siam tutti unici, siamo speciali, Tutti diversi, eccezionali, Combinazioni di specificità Che stabiliscono l' alterita'. Uguale, però, è la nostra essenza Uguale il genere d'appartenenza, uguali diritti e dignità seppur diversa è l'identità.(G.B.)

venerdì 15 maggio 2015

UN SIGNORE MATURO CON UN ORECCHIO ACERBO......

Un giorno sul diretto Capranica-Viterbo vidi salire un uomo con un orecchio acerbo. Non era tanto giovane, anzi era maturato, tutto, tranne l’orecchio, che acerbo era restato. Cambiai subito posto per essergli vicino e poter osservare il fenomeno per benino. “Signore, gli dissi dunque, lei ha una certa età, di quell’orecchio verde che cosa se ne fa?” Rispose gentilmente: “Dica pure che son vecchio. Di giovane mi è rimasto soltanto quest’orecchio. È un orecchio bambino, mi serve per capire le cose che i grandi non stanno mai a sentire: ascolto quel che dicono gli alberi, gli uccelli, le nuvole che passano, i sassi, i ruscelli, capisco anche i bambini quando dicono cose che a un orecchio maturo sembrano misteriose...” Così disse il signore con un orecchio acerbo quel giorno sul diretto Capranica-Viterbo. Gianni Rodari

CHI FA CON TRE FA PER SE', PER ME E PER TE !

Se un gruppo di persone stanno insieme, siano esse una famiglia o sol chi si vuol bene, vogliono certo il meglio per ognuno proprio come se essi fossero un tutt’uno. Essere uniti però sta bene attento non esclude di andare contro vento. Io gioco a mosca cieca e tu a nascondino? Fa pure ci vediamo tra un pochino! Saremo ancora insieme tutti quanti per fare insieme altre cose e andare avanti. Chi fa con tre fa per sé, per me e per te! E di sicuro l’unione fa più forti perché in un gruppo ci stanno i lunghi e i corti e se qualcosa che vuoi sta troppo in alto c’è chi ti aiuta a spiccare un bel salto. Nessuno mai separi ciò che uomo ha unito dove l’unione c’è, ciascuno è più garantito.(G.B.)

giovedì 14 maggio 2015

L'interesse.....all'obbedienza !

Riflessione poco etica ma molto sociologica....è certamente paradossale ma ad ogni rapporto di potere (vedi maggioranza e minoranza),in genere,corrisponde un "interesse" all'obbedienza da parte del soggetto più debole, anche perchè comportarsi in modo diverso sarebbe troppo costoso !

mercoledì 13 maggio 2015

E benedetto sia l'inciampo !!!

Eh, già ! Se non poniamo un ostacolo sul cammino, che provochi difficoltà e possibili deviazioni dal procedere a cui siamo abituati quotidianamente, difficilmente si mobilitano energie creative, volte a superare le inevitabili difficoltà della vita e della conoscenza !

domenica 10 maggio 2015

A salire......è un altro modo di vedere le cose !

A salire ......è un altro modo di vedere le cose !!! Quando sei a un bivio e trovi una strada che va in su e una che va in giù, piglia quella che va in su. È più facile andare in discesa, ma alla fine ti trovi in un buco. A salire c'è più speranza. È difficile, è un altro modo di vedere le cose, è una sfida, ti tiene all'erta.(T. T.)

venerdì 8 maggio 2015

E SE LA LEZIONE DIVENTASSE.....UN INCONTRO LUDICO CON I PROBLEMI ?

Basta etichette, la Finlandia abbandona il concetto di insegnamento settoriale e schematico per lanciarsi in un'educazione a 360 gradi, multitasking e multitematica. Nozioni da apprendere per "grandi temi", per argomenti e non più per materie. Un metodo che si prefigge lo scopo di "aumentare" le potenzialità dei ragazzi, rendendo il loro apprendimento meno a compartimenti stagni e più trasversale possibile. Scuola pioniera è stata la Siltamaki primary school di Helsinki, una scuola elementare che per prima ha provato questo nuovo metodo d'apprendimento. Un metodo in cui, come scrive il Corriere della Sera, "non si impara la matematica per risolvere problemi, ma si incontrano problemi (di varia natura) che ci inducono a imparare la matematica". Guardare le cose da un altro punto di vista, dunque, mantenendo in tutte le cose un aspetto ludico, con meno lezioni frontali e più interazione con l'alunno, aspetti che rendono l'insegnamento più piacevole. Addio al calendario delle materie, agli orari predefiniti e sì all' interdisciplinarietà, alle materie collegate, in un Paese, la Finlandia, che già prima di questa rivoluzione copernicana vantava il primato di avere le migliori scuole al mondo, sia dal punto di vista dell'architettura, con ambienti accoglienti e confortevoli, che culturale. Ma a livello pratico, come si fa ad insegnare in maniera multiforme? Niente di più semplice: si parte da un tema e affianco a questo ci si collegano tutti i vari studi e approcci, trasformando la lezione in una mappa concettuale, in un incontro ipertestuale tra studenti e insegnanti. E l'insegnante, in Finlandia, è considerato un mestiere alla stregua di un ingegnere nucleare, carico di responsabilità: è lui, con il suo insegnamento e il suo metodo, che formerà gli uomini e le donne di domani. Un mestiere serio, che necessita aggiornamenti e preparazioni continue, e ben retribuito.(D.S.F.)

domenica 3 maggio 2015

Omerta' e cultura mafiosa

Tra i vari elementi che compongono la struttura culturale del mafioso, l’omertà è il più fondante, esprime un’essenza specifica, una conditio sine qua non. Non si dà, infatti, mafioso senza omertà mentre può essere diffusa la considerazione opposta, che esista omertà senza che ci sia necessariamente mafia. C’è una forma di omertà innata nel genere umano che deriva dalla paura di ricevere un danno irrimediabile dall’esporsi, dalla denuncia di nomi o fatti, con conseguenze che potrebbero intaccare il quieto vivere di ciascuno. La rottura dell’omertà in genere, implica, un diffuso solidarismo sociale, uno scarso potere di dominio del più forte sul più debole. Per quanto concerne l’Italia, una ricerca di Giorgio Chinnici ha ampiamente dimostrato come, anche l’omertà abbia costituito uno stereotipo utile a relegare un carattere umano definito a un ambito regionale, (Trasgressioni realizzate, Milano, Unicopli, 1988), quando, al contrario, la Sicilia, in termini di denunce, si colloca al di sopra degli standard medi nazionali, con ciò sfatando una concezione antropologica del siciliano che lo vorrebbe quasi geneticamente predestinato. Non è così e l’allargamento del consenso contro l’imposizione del pizzo e la territorialità delle mafie lo dimostra. Vi sono, tuttavia, elementi peculiari al carattere dell’omertà dei siciliani, che coincidono con quelli propri della cultura mafiosa. Nel vocabolario siciliano-italiano illustrato di Antonino Traina omertà è sinonimo di “omineità”, parola che esprime la “qualità dell’essere uomo”, una modalità del farsi uomo. Essere uomo significa avere molta abilità, per cui si dice: farsi uomo nel senso di “diventare uomo di conto”, e “fare l’uomo”, nel senso di “fare il forte, l’astuto, il serio”. Ma si noti anche come il detto “fare un uomo”, stia a significare “mettere alcuno in sua vece”, o assumere qualcuno che faccia un lavoro subalterno. Una sorta di derivazione di sè stesso: l’altro fa quello che “l’uomo” non vuole o non riesce a fare, mettendo qualcuno al posto suo. L’omertà è un intreccio complesso, di complicità, di giochi psicologici e materiali di dominio e di soggezione, di forme della centralità maschilista, con risvolti particolarmente significativi per quanto concerne la supremazia del ruolo maschile, come starebbe a dimostrare lo stesso mondo proverbiale (“dda casa chi nun cc’è omu nun havi nnomu” – nella casa in cui non c’è un uomo non c’è un nome; “l’omu ‘n vista a la donna sempri ammagghia”/ la donna in vista all’omu si travagghia” – l’uomo al cospetto della donna si lega a maglia, la donna al cospetto dell’uomo si dà da fare-; “genti assai ed omini picca” – molta gente e pochi veri uomini-; “ogni bbeni da l’omu veni” – ogni bene viene dall’uomo). Va sottolineato che nel sistema culturale mafioso, l’omertà non è una qualità effettuale, ma un elemento strutturale causale, capace di determinare conseguenze e di esprimere una condizione valoriale intrinseca. Pertanto la definizione che dànno alcuni dizionari della parola deve essere letta con la suddetta avvertenza. Si veda, ad esempio, il Garzanti che scrive: “forma di solidarietà propria della malavita, per cui si mantiene il silenzio su un delitto o sulle sue circostanze in modo da ostacolare la ricerca e la punizione del colpevole. Nel senso estensivo ha anche il senso di solidarietà, silenzio su mancanze, colpe altrui per salvaguardare propri interessi, per timore di conseguenze negative o altro. Forse forma napoletana di “umilità”, per indicare sottomissione alle regole della camorra”. Definizioni tutte che vanno intese come risultati di processi di cui l’omertà non è una manifestazione evidente, ma la causa, la struttura che li rende necessari. Il problema si lega, cioè, al processo dinamico di formazione della personalità del mafioso, lungo il percorso che va dal terreno dell’affinità dentro i limiti della generica cultura mafiosa, a quello della significazione e dell’affiliazione, segnando il salto di qualità da una condizione nella quale l’individuo è ancora libero di crescere e formarsi in altro modo, ad una fase nella quale, al contrario, egli compie una scelta decisiva, consegnandosi al modello della cultura mafiosa. (G.C.)

prof di metodologia della traduzione della lingua latina.....

Prof di Metodologia della traduzione della lingua latina.....già docente nei Licei e Istituti Magistrali impartisce lezioni anche on line

MI STA A CUORE: Saggio "Come si salva la democrazia"di Vincenzo Pa...

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VENITE PURE AVANTI (dal Cirano di F.Guccini)

Venite pure avanti, voi con il naso corto signori imbellettati, io più non vi sopporto Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perché con questa spada vi uccido quando voglio. Venite pure avanti poeti sgangherati inutili cantanti di giorni sciagurati buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria ma non avete scorza Godetevi il successo, godete finché dura ché il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura e andate chissà dove per non pagar le tasse col ghigno e l'ignoranza dei primi della classe Io sono solo un povero cadetto di Guascogna però non la sopporto la gente che non sogna. Gli orpelli? L'arrivismo? All'amo non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco. Facciamola finita, venite tutti avanti nuovi protagonisti, politici rampanti venite portaborse, ruffiani e mezze calze feroci conduttori di trasmissioni false che avete spesso fatto del qualunquismo un arte coraggio liberisti, buttate giù le carte tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto assurdo bel Paese. Non me ne frega niente se anch'io sono sbagliato spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato coi furbi e i prepotenti da sempre mi balocco e al fin della licenza io non perdono e tocco. Ma quando sono solo con questo naso al piede che almeno di mezz'ora da sempre mi precede si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore che a me è quasi proibito il sogno di un amore non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute per colpa o per destino le donne le ho perdute e quando sento il peso d'essere sempre solo mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo ma dentro di me sento che il grande amore esiste amo senza peccato, amo ma sono triste perché Rossana è bella, siamo così diversi a parlarle non riesco, le parlerò coi versi. Venite gente vuota, facciamola finita voi preti che vendete a tutti un'altra vita se c'è come voi dite un Dio nell'infinito guardatevi nel cuore, l'avete già tradito e voi materialisti, col vostro chiodo fisso che Dio è morto e l'uomo è solo in questo abisso le verità cercate per terra, da maiali tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali tornate a casa nani, levatevi davanti per la mia rabbia enorme mi servono giganti. Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco. Io tocco i miei nemici col naso e con la spada ma in questa vita oggi non trovo più la strada non voglio rassegnarmi ad essere cattivo tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo; dev'esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto. Non ridere, ti prego, di queste mie parole io sono solo un'ombra e tu, Rossana, il sole ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora ed io non mi nascondo sotto la tua dimora perché ormai lo sento, non ho sofferto invano se mi ami come sono, per sempre tuo Cirano.

venerdì 1 maggio 2015

IL PIU' BEL GIORNO !

S’io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane cosi grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare. Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole. Un pane cosi verrebbero a mangiarlo dall’India e dal Chilì i poveri, i bambini, i vecchietti e gli uccellini. Sarà una data da studiare a memoria: un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la storia! GIANNI RODARI

Ah! Questi adulti!

Gli adulti? Non capiscono mai niente da soli ed è una noia che i bambini siano sempre eternamente costretti a spiegar loro le cose".(dal Piccolo Principe)