giovedì 30 gennaio 2014

Fondamentalismo e comunità di gruppi e gruppetti

Spesso, dopo l'ennesima Assemblea ....partecipata ma ,come al solito, inconcludente, non riusciamo a darci delle risposte rasserenanti riguardo ad un dibattito acceso, che c'è stato, ma che non è approdato ad alcun risultato....anzi le divisioni, l'incapacità di ascoltare le ragioni dell'altro hanno avuto il sopravvento rispetto all'unità d'intenti e rispetto ad un certo modo di essere Comunità ! Appunto.....essere Comunità o meglio essere una buona Comunità! Quando riusciamo a generare una buona Comunità? Quando tutti i nostri rapporti...d'amicizia....d'amore .....di compiacimento verso se stessi riescono ad aprirsi agli altri e accolgono quelli che per noi sono estranei o non-amici.Se non c'è questa apertura, non potremo mai dar vita ad una Comunità.....ad una buona Comunità!
Anche in un piccolo paese noi siamo bravissimi quando siamo con gli amici, i familiari, insomma con la nostra piccola tribù....ma sappiamo bene che noi esercitiamo le dimensioni più importanti della nostra umanità soltanto nei gruppi dei non-amici cioè delle persone non-elettive....che non ci siamo scelte. Con loro noi impariamo veramente i codici della relazione, dello spirito, importantissimi per la nostra esistenza in quanto ci consentono di porre dei limiti ai nostri compiacimenti e al nostro narcisismo (che brutta malattia!) e di esprimere ai massimi livelli la nostra laicità!
Personalmente mi ritrovo in una nuova Comunità da circa 23 anni in cui ho la vaga sensazione di esercitare il mio senso critico come un apprendistato permanente allorchè si cerca di rimanere fedeli  a se stessi....con una chiara conseguenza cioè di non riconoscersi nella Comunità in cui si vive, al punto di avere l'impressione di aver sbagliato tutto e forse persino Comunità! Si tratta di un risveglio molto faticoso soprattutto quando penso a tanti giovani del mio stesso paese, che saranno mamme e papà di una Comunità in grave ritardo sotto il profilo sociale e culturale. Se i non-amici continueranno ad essere tali per noi cioè diversi...... "inascoltabili" perchè esercitano liberamente il loro senso critico, avremo l'umiliazione del significato più profondo della vita comunitaria! Il risultato sarà quello che noi abbiamo davanti ai nostri occhi ( e che non ci piace nè riconoscere nè provare a denunciare apertamente)......cioè una Comunità( di gruppi e gruppetti) schiava del fondamentalismo (evidente nel sociale e persino nello spirituale) dedita esclusivamente alla venerazione di se stessa !!!

martedì 28 gennaio 2014

L'interdizione dai pubblici uffici non è misura vendicativa ma misura preventiva ....caro Renzi!!!



Raniero La Valle - Presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione

La proposta Renzi-Berlusconi comprendente la legge elettorale sottoposta ora alla Camera e la rapida abolizione del Senato, va respinta.

In via di principio va dato un segnale di irricevibilità di una proposta di assetto istituzionale ideata col concorso determinante di una personalità politica in stato di interdizione dai pubblici uffici. Sarebbe mal posta la questione moralistica del “non trattare con un condannato” o una questione d’immagine dei luoghi e delle modalità degli incontri; è invece una grave questione di ordine istituzionale il fatto che il maggiore partito italiano ed il suo segretario eludano e contraddicano la decisione cautelare della magistratura che con l’interdizione dai pubblici uffici interpreta l’interesse pubblico ad evitare che un soggetto già giudicato come dannoso possa ulteriormente nuocere alla comunità. La pena accessoria dell’interdizione non è infatti, nella ratio dell’ordinamento dello Stato di diritto, una misura vendicativa volta ad infierire sul colpevole, ma è una misura di prevenzione a beneficio della collettività perché essa non sia esposta ai rischi prevedibili provenienti dall’esercizio di funzioni pubbliche da parte di quel condannato.

Nel merito la proposta elettorale avanzata da Renzi in sintonia con Forza Italia, configurando un modello che modifica l’ordine dei fattori ma non la sostanza del “Porcellum” maggioritario, dimostra che la via di un’assicurazione della governabilità attraverso artifici elettorali ed istituzionali è ormai preclusa. Non solo essa non garantisce il risultato di una vera governabilità (data l’eterogeneità delle coalizioni cui soglie e premi di maggioranza costringono i partiti) – e dunque è priva di razionalità secondo la sentenza della Corte – ma è causa ed incentivo di sempre più gravi sconvolgimenti democratici.
Se non si esce da quella logica non si potrà che mercanteggiare, in infinite variazioni, quanto debbano essere piccoli i piccoli partiti per essere esclusi dal Parlamento e dal voto, quanto debbano essere grandi i grandi partiti per meritare il premio di maggioranza, quanto debba essere bassa la soglia di accesso alla ripartizione dei seggi se si fa parte di una coalizione e quanto debba essere alta se invece non se ne fa parte, come debbano essere architettati gli sbarramenti per ripescare le minoranze o i partiti locali, per discriminare tra partiti e movimenti, per far passare la trave e filtrare il moscerino. E ciò naturalmente secondo l’unico criterio dell’interesse di quanti hanno di volta in volta forza contrattuale nel negoziato.
Si può avere una prova delle ricadute negative di questi esercizi di alchimia elettorale, nel fatto che oggi la riforma elettorale è presentata in un pacchetto, insieme all’abolizione del Senato e alla riforma del titolo quinto della Costituzione. La questione del bicameralismo è senza dubbio molto seria, e l’idea di un suo superamento ha fatto negli ultimi anni molti proseliti. Però essa con la riforma della legge elettorale non ha nulla a che fare; certo, se si abolisce il Senato non si deve neanche eleggerlo, ma questa non è una riforma elettorale, è il passaggio a un altro ordinamento. Tanto è vero che le due cose non sono connesse, che la legge elettorale si deve fare subito, mentre per il Senato si devono aspettare i tempi costituzionalmente necessari alla riforma; dunque in ogni caso nella legge elettorale il Senato viene oggi preso così com’è. Allora sarebbe più serio discutere dell’abbandono del Senato come problema in sé, senza la ridicola motivazione del risparmio, perché se si tratta di risparmiare il discorso varrebbe anche per la Camera, e avrebbe ragione Berlusconi quando propone di ridurre la Camera alla riunione dei sei o sette capigruppo. Può darsi che il bicameralismo sia diventato troppo lento, però non lo si può liquidare come un ping-pong, e bisognerebbe almeno chiedersi quale posto esso ha nella tradizione democratica e perché i Costituenti del ‘47 lo hanno introdotto, non certo per rinverdire il Senato regio, ma per dare maggiori garanzie di libertà e di diritti, e puntare su una legislazione più controllata e lungimirante, cosa che in molte occasioni il Senato della Repubblica è effettivamente riuscito a fare.
Se non si discute nel merito, assumere come se fosse un’idea ormai di senso comune che il Senato sia un ente inutile, fa nascere il sospetto che la vera idea sia che il Parlamento è inutile, e intanto almeno se ne abolisce la metà.
Altrettanto sconcertante è la coazione a ripetere per cui oggi viene presentata come un meraviglioso risultato di efficienza una proposta di legge elettorale che riproduce esattamente tutti i vizi di incostituzionalità denunciati dalla sentenza della Corte, e quindi tende consapevolmente a instaurare sul terreno vitale dei diritti politici un diritto illegittimo. Basta pensare ai due differenti quozienti elettorali, che esprimono il rapporto voti-seggi, uno dei quali è definito “quoziente di maggioranza”, l’altro “quoziente di minoranza” con la conclamata violazione del principio costituzionale dell’eguaglianza del voto; basta pensare alla sproporzione tra la soglia del 35 per cento dei voti richiesta per accedere al premio di maggioranza, e il tetto del 53 per cento dei seggi fissato per legge sia alla Camera che al Senato; tutto ciò integra quel vizio denunciato dalla Corte Costituzionale di “una compressione della funzione rappresentativa dell’assemblea, nonché dell’eguale diritto di voto, eccessiva e tale da produrre un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica, sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente”.
L’insegnamento che si può trarre da questa vicenda è che occorre del tutto cambiare discorso. Espedienti migliori di quelli che oggi sono proposti per mettere insieme urne e governabilità si possono certo trovare; ma per arrestare decisamente l’inquinamento del sistema, meglio è ricollocare nel suo giusto ambito la questione della governabilità, che non è tecnica ma politica, e restituire alla politica, non alle acrobazie elettorali, il compito di assicurare stabilità ai governi del Paese.
Questo vuol dire restituire alle urne il vero e primario compito di esprimere la rappresentanza, ciò che non conosce strumento migliore che un’elezione col sistema proporzionale, senza premi di maggioranza e sbarramenti innaturali che sommandosi insieme devastano il Parlamento  trasformando le elezioni in una successione ereditaria, e addirittura per nomina, dalle vecchie alle nuove nomenclature degli stessi partiti già insediati nel sistema.
Il compito della governabilità deve ricadere sulla politica, e in particolare sui partiti che a ciò sono deputati dalla Costituzione. Ai partiti deve pertanto essere restituito il ruolo loro attribuito dall’art. 49 della Carta che li ha individuati come gli strumenti attraverso cui, con metodo democratico, i cittadini concorrono alla determinazione della politica nazionale. Se essi non esercitano più questo ruolo, se sono rottamati o liquidati nella pubblica opinione, e non sono sostituiti da altri strumenti, non c’è più alcun concorso dei cittadini alla determinazione della politica nazionale; l’unica facoltà dei cittadini resta quella di eleggere dei rappresentanti, a cui è delegato tutto il potere, ma allora in questo caso è ancora più importante che la rappresentanza del popolo in Parlamento sia autentica, e non artefatta e infedele grazie a truffe elettorali.
Spostare l’accento dalla governabilità per via di artifici elettorali alla governabilità per via politica, significa aprire una fase di ricostruzione e rivalutazione dei partiti. Essi sono oggi giustamente in crisi, anche perché non sono stati assistiti da una legislazione che ne esaltasse il ruolo e ne garantisse l’integrità. A questa legislazione è ora necessario mettere mano, mediante riforme che forniscano ai partiti un vero statuto di diritto, ne garantiscano la democrazia interna e il “modus operandi” democratico, ne assicurino la trasparenza, li rendano responsabili in sede civile e  penale e ne promuovano l’efficacia.
Non per tornare a fare dei partiti il nuovo “Principe”, ma per restituire ai cittadini la vera possibilità di essere sovrani.
Si deve infine rilevare il rischio politico comportato dalla legge elettorale concordata tra Berlusconi e Renzi. La soglia premiale del 35 per cento è così bassa da permettere fin dal primo turno quella instaurazione del regime berlusconiano che inutilmente è stato perseguito per vent’anni. Di fatto Berlusconi ha accettato il secondo turno perché conta di vincere al primo; e nella diaspora del Partito Democratico, che sotto la direzione di Renzi vede compromesso l’intento originario di una integrazione tra le ex culture democristiana e comunista, questo risultato diviene possibile. Il Partito Democratico, fallito il progetto antideologico del bipolarismo in cui aveva creduto, rischia di non sopravvivergli. Esso però potrebbe recuperare un suo ruolo nella storia della democrazia del nostro Paese se si proponesse al suo elettorato come una forza in grado di fronteggiare la vera sfida ideologica  che oggi è in atto: quella che viene dai nuovi poteri economici e finanziari  ascesi grazie alla diserzione della politica e lasciati liberi di perseguire i loro obiettivi antisociali dalla debolezza della democrazia e dalla mancanza di forze in grado di contrastarli sul piano politico.   
Raniero La Valle

lunedì 27 gennaio 2014

Quando tu piangerai

Quando tu piangerai
Lui ti sarà vicino,
quando lo pregherai
lo sentirai nel cuore,
quando sorriderai...
quando tu sognerai,
Lui sarà lì con te,
unico grande amico!

Quando tu abbraccerai
l'amico  clandestino.
quando tu accoglierai
in casa lo straniero,
quando ti perderai
nelle follie del mondo,
Lui sarà lì con te,
unico vero amico!

Quando tu canterai
il cielo e la luna
e lo ringrazierai
del sole e delle stelle,
Lui ti riscalderà,
Lui t'accarezzerà
Luce sarà per te,
per tutta la tua vita!

sabato 25 gennaio 2014

INVANO.....HO ATTESO QUEL TRENO !!!

25 gennaio 2014 alle ore 12.09
A Buchenwald  invano ho atteso quel treno,
era vuoto ...soltanto un sospiro,
il silenzio ....non  religioso silenzio
ma quel soffio di vento....
presagio di morte !

Ad Auschwitz invano ho atteso quel treno,
ma no...non era più un treno,
era un carro-bestiame,
tra le croci di Davide
un grido...un lamento!

Con malcelato rossore
attendo ancora quel treno,
 no..... non è più un treno,
trasuda memoria e speranza
di un mondo che chiede perdono!!!

venerdì 24 gennaio 2014

GENERAZIONI DELUSE......OFFESE.......UMILIATE !!!

24 gennaio 2014
Nella realtà sociale del nostro Paese continua ad essere spesso sottaciuto il problema di intere generazioni di giovani dimenticati, delusi e umiliati dall'arroganza di quelle generazioni di anziani che hanno "occupato" il potere negli ultimi 30 anni!!! Personalmente ho colto, durante la trasmissione di Santoro, nel linguaggio del parlamentare grillino Di Battista......l'odio non solo nei riguardi  di una intera classe politica ma anche nei riguardi di quelle generazioni di padri e nonni che hanno non solo determinato la rovina economica del Paese ma anche soffocato le potenzialità, le competenze e l'entusiasmo di quei trentenni e quarantenni che oggi gridano vendetta !!! Si potrà non essere d'accordo con il programma grillino ma è evidente tuttavia che "il tutti a casa" del comico genovese coglie lo stato d'animo e il desiderio di rivolta di quei giovani umiliati da una classe dirigente, che, a tutti i livelli, ha demolito il patrimonio culturale, morale e civile del nostro Paese ! Sono tanti ormai coloro che si rendono conto dei danni morali, economici e sociali provocati da una insulsa e corrotta classe dirigente allorchè improvvisamente si scopre che giovani preparati e ricchi di passione politica sono stati relegati in una condizione servile di umiliazione professionale e morale! Mi sono chiesto.....quanti sono oggi nel nostro Paese i Di Battista che si presentano forse con un linguaggio che non ammette repliche...quasi arrogante, ma che certamente è il frutto di uno stato d'animo di grande sofferenza morale e psicologica??? E' questo oggi il dramma di giovani che non sono più disposti a "costruire" insieme con gli anziani il futuro dopo tante ...troppe illusioni e che non accettano più il dialogo nemmeno con qualche coetaneo ammesso nelle stanze del potere e perciò ritenuto omologato e perfettamente integrato nel sistema!!!

giovedì 16 gennaio 2014

L'OLOCAUSTO? UNO STERMINIO....FIGLIO DELL'EUROPA!!!

Come è potuto accadere? L'Olocausto era davvero inevitabile? Noi oggi sappiamo che i Governi Alleati allora non si sono mossi con decisione per fermare quella tragedia. Breitman, storico americano, ci dice che i cronisti americani in Germania alla fine del 1941 (alla vigilia dell'entrata in guerra degli USA) riuscirono ad assistere alla partenza dei primi convogli di Ebrei verso l'Est! Oggi, del resto, è storicamente provato che le Forze Alleate non hanno mai bombardato le linee ferroviarie di accesso ai centri di sterminio!
Certo, Hitler era cattivo, i fascismi e i fascisti suoi alleati non furono da meno, certo! Ma 6 milioni di Ebrei, sterminati in pochi anni, in maniera pianificata e organizzata! Dove è accaduto questo orrore? E' accaduto in Europa, nella civile Europa, nella cristiana Europa, in Germania, nella coltissima Germania, dove perfino un Heidegger, innamorato di una Hannah Arendt, non riesce, vivendo lì, a vedere l'orrore mentre nasce e si diffonde, e non fa nulla per vederlo!
Ma, Dio mio! Ci vogliono spie che stanino gli Ebrei, i Rom...e tante! Ci vogliono funzionari locali che li segnalino, e tanti! Ci vogliono amici, parenti, vicini, colleghi, amanti, preti, suore, maestri, dottori, che li conoscono e non muovono un dito, che tacciono e fanno finta di niente! Ci vogliono autisti che vadano a strapparli dalle loro case, e poliziotti e soldati, e capistazione che organizzino i convogli, e macchinisti che facciano andare le loro macchine, e addetti al vettovagliamento per il viaggio, e uomini per le scorte! Ci vogliono ingegneri e architetti per progettare Auschwitz, e muratori e carpentieri, idraulici, elettricisti che mettano in piedi il campo e lo facciano funzionare! Ci vogliono burocrati che controllino i documenti, doganieri che diano il visto, prefetture che approvino, impiegati che mettano i timbri, fabbri che forgino i timbri con marchi da tatuare sulla pelle dei deportati, sarti e sarte per cucire i numeri di matricola e le stelle di David sui loro capi!!!Ci vogliono infermieri e cuochi e inservienti e fuochisti per far andare i forni, e spalatori per chiudere le fosse con la calce sopra i cadaveri!!! Ci vogliono intellettuali cauti e guardinghi (ma quelli non mancano mai!) o intellettuali massimalisti sui massimi sistemi e rivoluzionari nei salotti ma ciechi e sordi alla realtà (e neanche di questi c'è mai carestia!).
Ci vogliono soprattutto occhi, tanti occhi, tantissimi occhi capaci di voltarsi dall'altra parte al momento giusto per non vedere, per non vedere niente!!!
Milioni e milioni di esseri umani sterminati ! Un'opera immensa, che non sarebbe mai riuscita senza la complicità di 200 milioni di europei indifferenti! Una complicità che nella Storia gli Europei non hanno fatto mancare neanche in passato a chi se la prendeva con gli Ebrei.
Lo storico Traverso ci dice :"l'Olocausto nasce dalle viscere sociali e culturali dell'Europa, non è nè un incidente di percorso nè una malattia...e neppure il risultato dell'irruzione di forze irrazionali nel cuore della civiltà. Figlio dell'Europa, l'Olocausto ne rimette in discussione la storia e la civiltà. In questo senso, esso continua a interrogare il nostro presente!".
In definitiva, l'Olocausto interroga l'archeologia della nostra modernità, le strutture disciplinari di imprigionamento e di rigetto, pone ancora oggi domande sul peso del conformismo in una società individualista di massa, indaga il primato del biologico sul politico, in una parola..l'era del globale nella quale ci troviamo. E allora faremo memoria  dell'Olocausto,di questa storia orrenda, se riusciremo a mettere in discussione le pratiche sociali, i linguaggi e i codici che oggi ci muovono, se cioè riusciremo a rompere il senso comune dell'evidenza ossia lo spazio criminale che abitiamo ancora oggi!

martedì 14 gennaio 2014

IL DIO DEI CRISTIANI......NO......NON PUO' ESSERE.....

Il Dio dei Cristiani non può essere ..........
-un Dio che giustifica l'esaltazione dell'accumulo del denaro e dei beni
-un Dio giudice freddo che umilia e che castiga
-un Dio che legittima le guerre, le ronde, il reato d'immigrazione irregolare
-un Dio del Natale del consumismo e della superficialità
-un Dio che di preferenza si fa trovare nelle Chiese o nelle verità dogmatiche
-un Dio che giustifica i giudizi moralistici nei confronti di chi fa più fatica a vivere, di chi è in condizioni esistenziali, familiari, sessuali diverse rispetto alla presunta normalità
-un Dio maschilista che nella società e nella Chiesa afferma sottomissione, volgarità, violenza nei confronti delle donne
-un Dio bianco, occidentale, europeo, padano
-neppure un Dio cristiano quando la sua presenza legittima discriminazione, xenofobia, razzismo o quando diventa pretesa per alimentare paure, chiusure etniche, identitarie, localistiche
-un Dio indifferente ai drammi e alle speranze della Storia!

sabato 11 gennaio 2014

IL BUON SAMARITANO.....IN VERSIONE MODERNA !

Un uomo andava da Brescia a Verona....Strada facendo fu assalito e malmenato da manifestanti o dalla polizia. Fu comunque abbandonato...ferito...sul ciglio della strada. Le ore scorrevano e l'uomo restava lì...nessuno si fermava. Passò una Mercedes.....sopraggiunse anche una Cinquecento. Sulla Cinquecento una donna ...sicuramente di facili costumi (statisticamente nigeriana o albanese, siamo nel 2014 ....quindi non una veneta o una lombarda). Sulla Mercedes un uomo...cattolico devoto...forse con la camicia verde :"O Signore, disse l'uomo dentro di sè, grazie per avermi fatto nascere bianco...padano e cattolico ! Non come quella donna, che non può essere cattolica, bianca non è di certo, e quasi sicuramente sarà musulmana e comunque...è una poco di buono!". E fece cenno all'autista di muoversi, giacchè la sera avanzava. La donna, che non aveva i documenti in regola e faceva un mestiere non compatibile con la polizia, voleva andarsene anche lei.....ma improvvisamente la vecchia Cinquecento si piantò! Allora scese....e perso per perso...decise di soccorrere l'uomo ferito.Era un ragazzo...non era possibile capire se fosse ebreo...arabo o cristiano....e comunque soldi in tasca non ne aveva. La donna, sospirando, trascinò il ragazzo fino alla Cinquecento, poi girò il pomello dell'aria e cominciò a tirare la messa in moto...."O Signore, borbottò fra sè e sè, o Allah o come cavolo ti chiami.....se questa macchina parte, forse ce la faccio a portarlo fino al pronto soccorso. Dammela una mano....almeno tu! Lo so.....questo mio mestiere non ti piace, ma dimmi...come devo fare a campare?". Improvvisamente il 500 bicilindrico... raffreddato ad aria .....cominciò a tossicchiare e la macchina si avviò! Intanto all'altro capo dell'autostrada il padano ....cattolico.....devoto si chiedeva "ma chi è che fa entrare in Italia queste prostitute negre...senza Dio...e musulmane?".

venerdì 10 gennaio 2014

A COLORO CHE VERRANNO di B. Brecht



I

Davvero, vivo in tempi bui!
La parola innocente è stolta. Una fronte distesa
vuol dire insensibilità. Chi ride,
la notizia atroce
non 1'ha saputa ancora.
Quali tempi sono questi, quando
discorrere d'alberi è quasi un delitto,
perché su troppe stragi comporta silenzio!
E 1'uomo che ora traversa tranquillo la via
mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici
che sono nell'affanno ?
E’ vero: ancora mi guadagno da vivere.
Ma, credetemi, è appena un caso. Nulla
di quel che fo m'autorizza a sfamarmi.
Per caso mi risparmiano. (Basta che il vento giri, sono perduto).

“Mangia e bevi!”, mi dicono: “E sii contento di averne”.
Ma come posso io mangiare e bere, quando
quel che mangio, a chi ha fame lo strappo, e
manca a chi ha sete il mio bicchiere d’acqua?
Eppure mangio e bevo.

Vorrei anche essere un saggio.
Nei libri antichi è scritta la saggezza:
lasciar le contese del mondo e il tempo breve
senza tèma trascorrere.
Spogliarsi di violenza,
render bene per male,
non soddisfare i desideri, anzi
dimenticarli, dicono, è saggezza.
Tutto questo io non posso:
davvero, vivo in tempi bui!


2

Nelle città venni al tempo del disordine,
quando la fame regnava.
Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte
e mi ribellai insieme a loro.
Così il tempo passò
che sulla terra m'era stato dato.

Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.
Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.
Feci all'amore senza badarci
e la natura la guardai con impazienza.
Così il tempo passò
che sulla terra m'era stato dato.

Al mio tempo, le strade si perdevano nella palude.
La parola mi tradiva al carnefice.
Poco era in mio potere. Ma i potenti
posavano più sicuri senza di me; o lo speravo.
Così il tempo passò
che sulla terra m'era stato dato.

Le forze erano misere. La meta
era molto remota.
La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me
quasi inattingibile.      
Così il tempo passò
che sulla terra m'era stato dato.


3

Voi che sarete emersi dai gorghi
dove fummo travolti
pensate
quando parlate delle nostre debolezze
anche ai tempi bui
cui voi siete scampati.

Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe
attraverso le guerre di classe, disperati
quando solo ingiustizia c’era, e nessuna rivolta.
Eppure lo sappiamo:
anche 1'odio contro la bassezza
stravolge il viso.
Anche 1'ira per 1'ingiustizia
fa roca la voce. Oh, noi
che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,
noi non si poté essere gentili.

Ma voi, quando sarà venuta l’ora
che all’uomo un aiuto sia l’uomo,
pensate a noi
con indulgenza.

venerdì 3 gennaio 2014

FILASTROCCA TI CAPUTANNU Una filastrocca di G.Rodari in dialetto torrese (Torre S.Susanna)


Fammi l'auguri pi tuttu l'annu,
vogghiu gennaiu cu lu soli t'aprili
lugliu friscu e marzu gentili,
vogghiu lu giurnu senza la sera,
vogghiu nu mari senza tempesta,
vogghiu lu pani sempri friscu,
sobbra lu cipressu nu fiuru ti pescu,
cu ssontu amici lu iattu e lu cani,
cu essi latti ti li funtani.
Ci vogghiu troppu...no mmi tari nienti,
tammi na facci allegra sulamenti!

giovedì 2 gennaio 2014

L'ARTE DI FARSI FOTOGRAFARE



 La riproduzione di se medesimo, da qualunque lato si consideri, è un’aspirazione umana e una necessità sociale.
L’uomo ha sempre avuto un desiderio acuto e naturale di tirare sè stesso a uno o parecchi esemplari. A raggiungere tale scopo, un tempo non esisteva che un sistema: quello d’aver dei figli. Ma poi.... non somigliavano. Ora invece si ricorre alla fotografia. La quale, diciamolo pure, ha invaso e sottomesso l’intera umanità, non senza causare frequenti disastri. Anzi, a questo proposito, sono assalito da tremendi ricordi. Anni addietro, ebbi la malattia della romanità, che sarebbe come una specie di mal di denti al cervello. Da principio, il malato non ha che qualche brivido nei musei del Campidoglio, poi un’affezione ai bronchi del Colosseo con chiari di luna. In capo a un mese, il bacillo archeologico ha fatto progressi spaventevoli. Le guance del malato prendono una tinta Gregorovius, e sente sopra lo stomaco le terme di Caracalla. La malattia fa il suo Corso, anzi, la sua via Appia: e il malato è ridotto a frequentare il palazzo dei Cesari, località pericolosa assai per il cervello umano, poichè è necessario tutto ricostrurre con la fantasia, anche ciò che non è mai esistito. Ricordo un cicerone coscienzioso che diceva a certi inglesi:
— Vedono lì quel magnifico monumento che non c’è? Quello è il monumento di Vespasiano.
Un giorno, mentre giravo per la domus aurea, che non esiste, vidi una signora solitaria la quale ascendeva la scalinata ciclopica della Rocca d’Evandro. Era lei! una lei che non mi conosceva affatto, ma che io adoravo ugualmente. Non era bella, ma d’una eleganza suprema. Un paio d’occhi.... un paio d’orecchi.... un paio di vite.... no, una sola, ma che vita! per quella vita avrei dato la mia.
Ella non mi vide, perchè nascosto dietro un muricciolo che può essere tanto il muro greggio di un orto, quanto il palazzo imperiale di Tiberio: e piano e pensosa si fermò a quel crocevia dove è fama che Cassio Cherea, desideroso di offrire una tragedia a Raffaello Giovagnoli, abbia trucidato l’imperatore Caligola.
Quando la vidi immersa nelle meditazioni storiche, mi accostai alle sue spalle e le dissi:
— Sì! questo è il punto dell’assassinio!
Ella mandò un grido di spavento, mentre io balbettavo:
Pardon! Si tratta di Caligola.... qui Cassio alla testa dei congiurati.... qui un congiurato alla testa di Cassio.... via, si faccia coraggio; forse non è vero niente.
Basta! mezz’ora dopo eravamo tanto amici che mi permise d’accompagnarla dalla via Sacra al portone meno sacro di casa sua. Anzi, ricordo che nella via Sacra scivolai e mi feci male giusto all’osso che.... da quella via prende il nome (si tasta dietro). Qualche giorno appresso, fui regolarmente presentato al marito, il quale era tanto una brava persona. Senonchè, una sera, in piazza Colonna si avvicinò un noioso venditore di Ricordi di Roma. Per levarmelo d’attorno, mi venne l’idea di regalare al coniugi uno di quei ricordi, per la modica spesa di sessanta centesimi. Non l’avessi mai fatto! Proprio la prima fotografia era il fatale crocevia di Caligola, in fondo a cui si vedevano due figure di diverso sesso, in attitudine alquanto, forse molto sospetta. La fatalità ci aveva trascinato sotto l’obbiettivo d’un fotografo inconsapevole.
Io mi turbai. Ella si turbò. Il marito si conturbò. Morale: il palazzo dei Cesari è tutto una rovina.... anche per la pace domestica.
Dunque le azioni dell’uomo giusto devono essere tali da potersi impunemente riprodurre in fotografia. Ma non basta neppure essere giusti. Mentre l’arte del fotografo ha fatto progressi enormi, un’arte sorella è rimasta nella barbarie; l’arte di farsi fotografare.
Basta sfogliare un album di fotografie, per rimanere oltremodo inorriditi davanti all’ignoranza di quelle persone che hanno creduto di farsi fare un ritratto. Tutti artificiosi! tutti posatori! L’uomo o la donna che s’abbandona alla fotografia dovrebb’essere una persona tranquilla e semplice come una figura giottesca. Errore, e dei più gravi, è l’indossare un abito nuovo o raramente usato. L’abito nuovo è un grande nemico dell’uomo. La persona che porta a spasso un abito nuovo ha sempre la fisonomia contraffatta. Egli ha un occhio che ride e uno che piange. L’occhio destro sorride all’abito nuovo e lo ammira specchiandosi nelle vetrine dei negozi: ma l’occhio sinistro ha paura di quella macchia che ovunque pende sui soprabiti nuovi, come quella spada di Damocle che, tanto per cambiare, chiamerei la dama di Spadocle. È inutile! l’uomo oppresso da un abito nuovo, ha un’andatura diversa dalla solita: una maniera diversa di pensare.... Che più? un abito nuovo può cambiare persino, violentemente, il corso fatale della vita d’un individuo. Supponiamo un caso dei più comuni.
È una bella domenica....
(Non so se abbiate notato che la domenica è bella sempre, mentre un Domenico bello io non l’ho mai conosciuto).
Dunque è domenica: io indosso un abito nuovo e lo porto a spasso. Quando gli è il tocco, vado in trattoria. Il cameriere, che conosce i miei gusti, mi offre un fricandolino squisito, un fricandolino col sugo che schizza. A me che ho un soprabito nuovo?... Fossi matto. Mi rassegno invece a una fetta di arrosto freddo, asciutto e tiglioso, che mi resta sullo stomaco. Il soprabito è salvo, ma la salute è compromessa. La sera vado a trovare, mettiamo, la mia fidanzata: ma un uomo che sta male di stomaco non sa essere galante, e ne segue un ricambio di sgarbi e di dispetti. Per reazione, vado al circolo a giuocare, e naturalmente perdo. Così da una parte disperdo il matrimonio, dall’altra disperdo il patrimonio. Allora divento irascibile. Perchè ho un carattere originale, molto diverso dagli altri: per esempio, quando perdo.... son di cattivo umore!
Nasce una questione con un compagno di gioco: dalla questione nasce una sfida: all’alba si va sul terreno e l’avversario mi fa cinque o sei buchi sul soprabito che ho salvato dal fricandolino. Un individuo vestito di nuovo, per ciò, è quasi sempre in punto di morte. Come può mai un agonizzante essere in grado di farsi fare un ritratto in fotografia?
Altro sbaglio, non meno grave, quello di consegnar la testa al barbiere prima che al fotografo: sbaglio grave farsi lisciare i capelli, specialmente quando non se ne ha; farsi lisciare o tingere i baffi, procurarsi cioè una faccia artificiale, di breve durata, quasi per mistificare il fotografo, come a dirgli:
— Desidero un ritratto che, fra qualche ora, non abbia più alcuna rassomiglianza con me.
Nel momento supremo poi tutti cadono in uno sbaglio fondamentale: dimenticano di dimenticare che stanno davanti al fotografo, così che il ritratto ha l’impronta odiosa d’un uomo che sa di farsi fare il ritratto.
L’ideale sarebbe di poter dire al fotografo:
— Vi do tempo due mesi, sei, un anno; prendetemi nel momento opportuno e senza che io me ne accorga, fotografatemi.
Sistema eccellente, ma inattuabile, tanto più per le signore.
Una signora ha sempre dei momenti in cui non desidera essere sorpresa da nessuno, neppure da un fotografo.
Un ripiego ci sarebbe: ossia l’istituzione del.... buco. Mi spiego.
Ogni stabilimento fotografico dovrebbe avere un salone d’aspetto, che chiamerei la sala delle anime inconsapevoli. Mentre il cliente aspetta, da un buco invisibile il fotografo potrebbe ritrattarlo a sua insaputa, col soccorso dell'istantanea. Ma allora tutti i ritratti rappresenterebbero, con desolante monotonia, un uomo che aspetta, e l’uomo che aspetta non ha più la sua faccia, ma la faccia dell’uomo che si rompe le scatole.
Conviene dunque concludere che tra la fotografia e la specie umana esiste ancora un abisso, e in attesa di tempi migliori converrà prendere una via di mezzo: usare della fotografia, ma non abusarne.
Non far, cioè, come quei due innamorati i quali, per non essere soverchiati uno dall’altro, andarono incontro a una tragica fine.
Lei mandò a lui un ritratto.
Lui si fece fotografare col ritratto in mano. Lei si fece fotografare col ritratto in mano di lui che teneva in mano il di lei ritratto.
Lui si fece fare il ritratto col ritratto in mano di lei, che teneva in mano il ritratto di lui, che teneva il ritratto in mano di lei.
Lei ancora....
Ma basta! tanto amore si spense in un lago d’odio e di collodio.
Pensate dunque ai gravi pericoli, e nel momento supremo del ritratto, prima alzate gli occhi al cielo, raccomandatevi caldamente alla Provvidenza e poi andate a farvi fotografare tutti quanti.

di L.A. V.