venerdì 19 settembre 2014

Basta dogmi ! intervista a don Cristiano Mauri

Giovani, sessualità, convivenze Il prete brianzolo: 'Basta dogmi' Don Cristiano Mauri Don Cristiano Mauri, brianzolo, nato nel 1972, dal 2005 è prete alla parrocchia di Meda, 23mila abitanti, crocevia del design ora impoverita come le città vicine - «Questo è ancora uno di quei posti in cui a volte il prete viene invitato a cena perché è il prete, non perché sta simpatico o ci si trova bene». Prima di entrare in seminario, ha studiato Ingegneria al Politecnico di Milano. Ha un blog, “ La bottega del Vasaio ”, dove pubblica riflessioni, omelie, analisi del Vangelo. Il successo del suo sito web gli è valso la pubblicazione degli articoli in un libro uscito per Add Editore nel 2013. Per l'intervista non indossa l'abito talare ma una maglietta e dei jeans. Fuori dall'oratorio lo aspettano i genitori e un disoccupato cui ha dato lavoretti da fare per la parrocchia. «Ogni giorno arriva gente a chiedere soldi», racconta: «È sempre stato così, ma con la crisi sono aumentate le richieste da parte degli insospettabili, persone che si vergognano ad andare alla Caritas e per orgoglio preferiscono venire dal prete. Io metto a disposizione tutte le risorse che ho, dal mio stipendio (950 euro al mese) alle donazioni degli industriali» All'attività ordinaria del suo oratorio (enorme, 3 piani, un segretario, palestre, aule, un grande cortile, a due passi dalla stazione) partecipano 180 ragazzi circa per ogni classe d'età. Il catechismo? «Alle elementari è seguito praticamente da tutti. Dopo la Cresima, che qui si fa in quinta, non rimane che la metà degli adolescenti. E poi dalle Superiori in poi restano poche decine di persone» Cosa si aspetta dal Sinodo di ottobre? «Sembra che questo Sinodo abbia come unica preoccupazione quella delle situazioni matrimoniali irregolari. Ma dico, il problema della Chiesa di oggi sono le situazioni matrimoniali irregolari? Sì, certo, è un aspetto, ma qui c'è la gente che ha perso i valori cardine del cristianesimo: il rispetto dell'altro, la disponibilità al servizio, la generosità, la non violenza, e noi ci fissiamo sul dare o no l'eucarestia ai divorziati e risposati?» Cosa manca? «È di sicuro un Sinodo con un'impronta molto maschile. Il modello familiare proposto è ancora unico, ancora lo stesso portato in scena al family day due anni fa, quando sul palco salirono come esempi-testimoni tre famiglie, tutte coppie bellocce, con 4/5 figli, dove il padre era il padre e la donna faceva la madre. Continuiamo a restituire una certa immagine di Chiesa, gerarchica e al maschile» Sta dicendo che quello non dovrebbe essere l'unico modello di famiglia per la Chiesa? «Sto dicendo che su certi temi la Chiesa dà l'impressione di essere indisponibile a discutere: riafferma continuamente gli stessi principi, che è il modo peggiore per farsi capire dagli altri. Ho appena avuto un battibecco furioso su Twitter per quella cacchiata dei Fratelli d'Italia sulle adozioni gay: ma dico, come fai a definire un figlio un capriccio? Come fai a non riconoscere la sofferenza che c'è dietro quell'impossibilità? Quello che chiedo alla Chiesa - e che cerco io stesso di praticare - è l'umiltà di ragionare caso per caso. Di dare delle indicazioni generali, certo, ma con un atteggiamento dialettico, non di propinare dogmi monolitici sulle scelte personali» Quel modello di famiglia prevede anche che le donne stiano a casa, rinuncino al lavoro per occuparsi dei figli. «Perché non dovrebbe essere un arricchimento - per il marito, per i figli, per la società - avere più donne nel mondo del lavoro? Non sopporto chi ancora lo nega, chi non lo reputa importante, chi ancora fa sì che la Chiesa non si smarchi dall'unico modello femminile della madre e della vergine. Ma serve credo anche un'altra riflessione: le donne che dirigono, che arrivano a posti di potere, tendono oggi a replicare modelli maschili. Di una donna forte si dice che “ha le palle”. Per me questo è un insulto. Penso che proprio perché la loro voce è così importante, le donne, femministe o no, dovrebbero essere più presenti nel mondo del lavoro ma non secondo canoni maschili. Non secondo forme di esercizio del potere autoritarie, che vengono riproposte come se fossero l'unico modo per essere accettate. Così si crea uno smarrimento che arriva anche nelle case, dove ormai la figura della madre è spesso totalizzante. E la volontà di gestire tutto, dall'educazione dei figli alla gestione dei soldi, al resto, rischia di far esplodere» Ruolo delle donne all'interno della Chiesa. Anche su questo fronte non cambierà niente? «Credo che il tema sia molto importante, ma che affrontarlo solo in termini di sacerdozio femminile sia riduttivo, o almeno: c'è il rischio di ribadire l'idea che nella Chiesa a contare sono solo le gerarchie ecclesiali, la carriera, quando invece il Concilio Vaticano II aveva dato priorità diverse, aveva messo il popolo prima della gerarchia: un ribaltamento che non è ancora avvenuto» Sì, ma in concreto, non deve cambiare nulla? «Penso che la priorità sia dare spazio alla voce delle donne, in generale. Siamo ancora una Chiesa pensata dagli uomini, dalla teologia alla pratica parrocchiale, tutto è nelle mani degli uomini. Per me sarebbe importante avere donne nelle stanze dei bottoni, nelle commissioni, nei consigli diocesani, ad esempio, ma non come quote rosa, quanto come esempi di una chiesa che va pensata anche in chiave femminile. Quante teologhe conosciamo, bibliste studiamo? Nessuna, o pochissime. Iniziamo a farlo. Iniziamo ad ascoltare i testi, il Vangelo, secondo l'interpretazione delle donne. La Chiesa cambierà» Per esempio? «Ti preparano a fare il prete in un ambiente totalmente maschile come il seminario. Poi tu esci e hai a che fare per il 90 per cento del tempo solo con donne. Quando uno fa il prete si rende conto effettivamente di come la tua vita, e lo dico da celibe, ha bisogno dell'apporto delle donne, del loro sguardo, della loro sensibilità» Parla mai con i ragazzi dell'oratorio di sessualità? «Parlare ancora di esercizio della sessualità prima o dopo il matrimonio non ha senso. Io ho dovuto affrontare il discorso con gli adolescenti, ma perché loro lo vivono già. L'unica cosa che possiamo aiutarli a fare è vivere la sessualità in modo intelligente. Se parliamo loro solo di valore del dono, di attesa, di altre sfumature di desiderio - che sono cose in cui credo – finiamo per essere degli extra terrestri. Come possiamo pretendere poi che ci ascoltino? No, dobbiamo cambiare linguaggio, avvicinarci. Io chiedo ai ragazzi solamente di riflettere, di pensare che stanno aprendo il loro corpo e che chi ci entrerà in qualche modo ci resterà per sempre. Non impedirglielo, ma aiutarli a vivere il sesso in modo più responsabile. E poi, insomma: io non vedo nei ragazzi che incontro tutta la leggerezza che proclamano alcuni» Conclusione? «Il Vangelo non è un manuale di precetti morali, di “così si fa” “così no”. Il Vangelo è un cammino, e non sempre gli stessi apostoli sono riusciti a stargli dietro, a Gesù. Chi ha le gambe allenate può anche scalare l'Everest, ma già aiutare i ragazzi a fare un giro di dieci minuti in un bosco è avvicinarli alla vita secondo il Vangelo. Ognuno segue la fede secondo le sue capacità, ma sono tutti, dall'escursionismo all'alpinismo d'alta quota, modi di vivere il Vangelo».

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