martedì 27 gennaio 2015

LA STAMPA E IL NAZISMO

Così come Gramsci era consapevole dell’importanza di avere un organo di stampa, tanto da fondare l’Ordine Nuovo in tempi che definirsi per noi impossibili è solo un eufemismo, altrettanto questo articolo pubblicato sull’Enciclopedia dell’Olocausto ci racconta quanto ne fossero consapevoli anche i nazisti e quanto organizzata e mirata fosse la propaganda. Basta solo riferirsi ai numeri relativi alla quantità di quotidiani venduti in Germania, e già si resta molto colpiti se li si rapporta alla realtà italiana di oggi. Gli stessi numeri fanno anche comprendere quale fosse il coinvolgimento dei tedeschi nel Nazismo, riflettendo sull’incremento delle vendite di una delle maggiori e più feroci testate antisemite. Un altro elemento di interesse, è l’intuizione di Goebbels sulla televisione che vedeva gli albori proprio nella Germania nazista. Durante quella che fu una vera e propria guerra per il controllo della stampa, Joseph Goebbels (che era stato anche giornalista) scrisse: “Qualunque persona che abbia ancora un briciolo di onore dovrà fare molta attenzione prima di scegliere la profesione di giornalista” (14 aprile 1941) Al momento dell’ascesa di Hitler al potere, nel 1933, la Germania possedeva un sistema di informazione molto sviluppato: oltre 4700 tra quotidiani e settimanali venivano pubblicati ogni anno nel paese – più che in qualsiasi altra nazione industrializzata – con una circolazione totale di 25 milioni di copie. Nonostante Berlino fosse senza dubbio la capitale della carta stampata, la diffusione dei giornali era in effetti dominata dai piccoli editori locali, che possedevano circa l’81% dei quotidiani tedeschi. Inoltre, ben otto giornali, pubblicati in altrettante grandi città, avevano una reputazione di livello internazionale. L’industria cinematografica tedesca, poi, era tra le maggiori al mondo: i suoi film infatti venivano apprezzati ovunque all’estero e avevano aperto la strada allo sviluppo della radio e della televisione. Quando Hitler salì al potere nel 1933, i Nazisti controllavano meno del tre per cento dei 4.700 giornali tedeschi, ma l’eliminazione del sistema multi-partitico portò, da un lato, alla chiusura di centinaia di quotidiani prodotti dai partiti, ormai fuori legge, e dall’altro all’appropriazione, da parte dello Stato, delle tipografie e delle attrezzature appartenute ai partiti Social Democratico e Comunista. Quelle attrezzature vennero poi, in molti casi, semplicemente cedute al nuovo Partito Nazista. Nei mesi seguenti, inoltre, i Nazisti presero il controllo o estesero la propria influenza anche agli organi di stampa indipendenti. Durante le prime settimane del 1933, il regime innondò la radio, la stampa e i cinegiornali di notizie che dovevano alimentare la paura di una “insurrezione comunista”, canalizzando così i timori popolari e aprendo la strada alle misure politiche che abolirono le libertà civili e democratiche. Nel giro di pochi mesi, il regime nazista distrusse la stampa libera tedesca, così forte negli anni precedenti. In meno di dieci anni la casa editrice del Partito, la Eher, diventò la più grande mai esistita in Germania e il suo quotidiano principale, il Völkischer Beobachter raggiunse il milione di copie in circolazione. Il Völkischer Beobachter che Hitler aveva acquistato nel 1920, serviva anche a comunicare ai membri del Partito le date e i luoghi delle riunioni e altre notizie importanti, ma anche a estendere l’influenza del Nazismo ben al di là dei circoli nei quali si era formato. La diffusione del giornale crebbe di pari passo al successo del Movimento Nazista, raggiungendo le 120,000 copie nel 1931 e il milione e settecentomila all’inizio del 1944. Curato dallo scrittore antisemita e ideologo nazista Alfred Rosenberg, il Völkischer Beobachter era specializzato nella creazione di brevi e iperbolici slogan sui temi preferiti dai Nazisti: l’umiliazione subita con il Trattato di Versailles, la debolezza del parlamentarismo di Weimer, e la malvagità del mondo ebraico e del bolscevismo, che venivano messi in contrasto con gli ideali patriottici del Nazismo. Der Stürmer fu il giornale antisemita più conosciuto in Germania, diretto dal leader locale nazista [Gauleiter] Julius Streicher, ex-insegnante divenuto poi membro tra i più attivi del Movimento. Il giornale venne pubblicato per più di vent’anni, dal 1923 al 1945, e disseminò rozze storie su presunti crimini compiuti regolarmente dagli Ebrei, che andavano da “assassinii rituali”, a crimini sessuali e a truffe di carattere finanziario. Durante la Repubblica di Weimar, le affermazioni calunniose e oltraggiose riportate da Der Stürmer spesso spinsero sia personagggi politici che organizzazioni ebraiche – indignati dai contenuti di tali storie – a fare causa sia a Streicher che al giornale. Quando i Nazisti assunsero il controllo del giornale, però, l’importanza del quotidiano e del suo direttore crebbero in modo esponenziale e il numero di copie circolanti aumentò da 14.000 nel 1927 a quasi 500.000 nel 1935. Nonostante molti visitatori stranieri e anche molti tra i cittadini tedeschi – inclusi alcuni responsabili nazisti della propaganda – trovassero il giornale banale ed offensivo, Hitler si rifutò di chiuderlo, persino dopo che una Corte del Partito Nazista tolse a Streicher i suoi incarichi politici e di Partito perché riconosciuto colpevole di corruzione. Durante gli anni ’30, i Tedeschi potevano trovare Der Stürmer sui marciapiedi e agli angoli delle vie, in tutta la Germania. Streicher fece sistemare moltissimi distributori di giornali nelle strade per promuovere la sua propaganda antisemita e incrementare la circolazione del quotidiano. Per riempire tutti quei distributori e per poter onorare le sottoscrizioni, in alcune occasioni Streicher aumentò la tiratura a due milioni di copie. Nuovi Strumenti per la Propaganda: Cinema, Radio e Televisione I Nazisti compresero bene il potere che le tecnologie emergenti, come il cinema, gli altoparlanti, la radio e la televisione, avevano nel momento in cui venivano posti al servizio della propaganda, e specialmente la loro capacità di attrarre le masse. Quelle tecnologie offrirono infatti ai leader nazisti un mezzo senza precedenti per la diffusione di massa dei loro messaggi e della loro ideologia, nonché un veicolo per rafforzare il mito di una Volksgemeinschaft (Comunita’ Nazionale) attraverso la fruizione condivisa dei programmi. Dopo il 1933, la radio tedesca cominciò a portare i discorsi di Hitler direttamente nelle case, nelle fabbriche e, grazie all’uso di altoparlanti, persino nelle strade. I funzionari del Ministero della Propaganda guidato da Goebbels compresero subito il grande potenziale che l’uso della radio possedeva per i loro fini propagandistici. Così, il Ministero finanziò fortemente la produzione di “Apparecchi Radio per il Popolo” (Volksempfänger) poco costosi e quindi più facilmente acquistabili. All’inizio del 1935 circa un milione e mezzo di queste radio era già stato venduto, dando alla Germania uno dei pubblici radiofonici più vasti al mondo. In quello stesso anno, essa diventò anche la prima nazione a introdurre un servizio televisivo regolare. Il Ministro della Propaganda Joseph Goebbels non solo comprendeva assai bene il grande potenziale del nuovo mezzo di comunicazione per diffondere materiali propagandistici, ma pensava anche che le trasmissioni fossero più efficaci quando fruite collettivamente, come avviene al cinema e a teatro.

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