lunedì 8 giugno 2015

Versi sottili come righe di pioggia

Versi sottili come righe di pioggia Bisogna condannare severamente chi creda nei buoni sentimenti e nelI’innocenza. Bisogna condannare altrettanto severamente chi ami il sottoproletariato privo di coscienza di classe. Bisogna condannare con la massima severità chi ascolti in sé e esprima i sentimenti oscuri e scandalosi. Queste parole di condanna hanno cominciato a risuonare nel cuore degli Anni Cinquanta e hanno continuato fino a oggi. Frattanto l’innocenza, che effettivamente c’era, ha cominciato a perdersi in corruzioni, abiure e nevrosi. Frattanto il sottoproletariato, che effettivamente esisteva, ha finito col diventare una riserva della piccola borghesia. Frattanto i sentimenti ch’erano per loro natura oscuri sono stati investiti nel rimpianto delle occasioni perdute. Naturalmente, chi condannava non si è accorto di tutto ciò: egli continua a ridere dell’innocenza, a disinteressarsi del sottoproletariato e a dichiarare i sentimenti reazionari. Continua a andare da casa all’ufficio, dall’ufficio a casa, oppure a insegnare letteratura: è felice del progressismo che gli fa sembrare sacrosanto il dover insegnare al domestico l’alfabeto delle scuole borghesi. È felice del laicismo per cui è più che naturale che i poveri abbiano casa macchina e tutto il resto. È felice della razionalità che gli fa praticare un antifascismo gratificante ed eletto, e soprattutto molto popolare. Che tutto questo sia banale non gli passa neanche per la testa: infatti, che sia così o che non sia così, a lui non viene in tasca niente. Parla, qui, un misero e impotente Socrate che sa pensare e non filosofare, il quale ha tuttavia l’orgoglio non solo d’essere intenditore (il più esposto e negletto) dei cambiamenti storici, ma anche di esserne direttamente e disperatamente interessato. (Pier Paolo Pasolini)

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