sabato 15 marzo 2014

LA TRASFIGURAZIONE SUL TABOR

Il mondo di internet è stracolmo di riferimenti ad apparizioni miracolose, vere o false, autentiche o presunte. Molti profili di Facebook diventano casse di risonanza di ogni genere di appelli. Spesso è quasi un correre qua e la per poter essere spettatori di eventi straordinari. Per esempio la Chiesa cattolica ha formalmente vietato pellegrinaggi a Medjugorje, ma pastori e laici continuano imperterriti a organizzarli. Perché tutto questa ricerca di eventi sensazionali? Non basta il Vangelo, quanto il Signore ci ha rivelato? Sembrerebbe di no….
Il Vangelo della Trasfigurazione ci potrebbe aiutare, ovviamente nella misura in cui siamo disposti ad ascoltare e a farci istruire dal Signore, anche in materia di apparizioni. La trasfigurazione sul Tabor non è richiesta da Pietro, Giacomo e Giovanni. E’ puro dono. Semplice e chiaro, ma tanto difficile da vivere. E’ il Signore che si mostra, non siamo noi a comandare di farlo. Certo, possiamo dire, con il salmista: Il mio cuore ripete il tuo invito: Cercate il mio volto! Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza (Sal 27). Possiamo e dobbiamo dire sempre fa' splendere il tuo volto, Signore, ma i tempi e i modi li decide solo e solamente Lui. Tutto è sua grazia, anche il poter vedere il Suo volto.
Forse Gesù ha voluto ascoltare la preghiera di questi discepoli, forse aveva in mente altro. Ma più che i motivi per cui Gesù abbia potuto farlo, ci interessa la dinamica della trasfigurazione di Cristo. Essa avviene sul monte, lontani dagli altri ma… vicini alla loro storia. Mosè ed Elia sono li a testimoniare di quanto il Signore voglia confermare la storia, la fede, le attese che i discepoli avevano: conoscere il Cristo. E Dio lo presenta loro così.
La manifestazione del Cristo avviene in un susseguirsi di stati emotivi contrastanti dei discepoli: sonno, risveglio, visione, gioia, stupore, paura, silenzio. E’ difficile quasi commentarli e seguirli uno a uno. Ma forse non serve tanto. Serve, piuttosto, capire che quando Dio si rivela, in piccoli come in grandi momenti, l’alternarsi di sentimenti contrastanti è nell’ordine delle cose. Ma non è questo il centro del tutto. Il focus è il fatto che Dio si faccia vedere, che ci dica qualcosa e così trasfiguri, poco o tanto che sia, la nostra realtà.
Per comprendere tutto ciò non dobbiamo pensare che questo riguardi apparizioni straordinarie e fuori del comune vivere ordinario; dobbiamo invece pensare a tutte le piccole manifestazioni quotidiane in cui Dio ci visita, ci da una mano a portare avanti il peso della giornata con piccoli ma significativi segni della sua presenza. Può essere un sorriso, un’attenzione, un aiuto, l’affetto che viene da altri oppure un’idea, un sentimento, un’intuizione che nasce in noi. Qual è il fine di questo modo di visitarci di Dio? Che noi amiamo e ascoltiamo di più il Suo Figlio. Tutto, sempre e comunque, in maniera ostinata e gelosa, deve tendere, ritornare e dar gloria al suo Figlio, il Cristo. Se si comprende ciò, soprattutto se lo si ricorda costantemente, si entra in quella dinamica di fede per cui non sono importanti il numero o la grandezza delle “trasfigurazioni” in cui siamo coinvolti, quanto il fatto che siamo più uniti al Cristo dopo averle ricevute. Ossia dopo averlo, ancora una volta, incontrato.

Rocco D'Ambrosio

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