La
formazione e la diffusione del partito politico si collega con un
profondo squilibrio dello Stato rappresentativo, causato da un fattore
squisitamente sociale: una vasta sezione della società civile, ossia i
lavoratori, provoca, per reazione, una tendenziale aggregazione
generale.All'astratto razionalismo della politica pura, il partito dei
lavoratori contrappone il tentativo di costruire una politica
socialmente qualificata ossia una politica basata sul reale consenso di
tutti, in quanto portatori di specifici interessi sociali . E quindi
non è un caso che i grandi partiti operai nascono con due rivendicazioni
fondamentali: la riforma politica cioè il suffragio universale e totale
eguagliamento di tutti e la riforma sociale ossia la socializzazione
dei mezzi di produzione. Alla coniugazione proprietà-ragione-democrazia
rappresentativa subentra la coniugazione lavoro-consenso-democrazia
governante (autogoverno). E pertanto la designazione del deputato
diventa automaticamente una scelta programmatica, vale a dire che il
deputato diviene sempre più un portavoce, un "servitore" della volontà
popolare con un mandato che assume una netta colorazione imperativa. Ne
consegue il primato dei corpi rappresentativi nei quali si deposita una
volontà popolare di cui i deputati sono i passaparola. Il dato più
evidente è che il consenso popolare diviene sempre più un termine di
riferimento della politica e col diffondersi del suffragio la condicio
sine qua non della politica. La moltiplicazione dei partiti in aree
diverse da quelle in cui originariamente nascono è il riflesso più
lampante di questo processo.
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