La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la
popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava
con saponette appena
sgusciate dall’involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti,
estrae dal più
perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora
intonsi, ascoltando le
ultime filastrocche dall’ultimo modello di apparecchio.
Sul marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica
i resti della
Leonia d’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio
. Non solo tubi di
dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali
contenitori, materiali
d’imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie,
pianoforti, servizi di
porcellana: più che dalle cose che vengono fabbricate,
vendute, comprate,
l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni
giorno vengono buttate
via per far posto alle nuove.
(...) Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai
nessuno se
lo chiede: fuori della città, certo; ma ogni anno la
città s’espande, e gli
immondezzai devono arretrare più lontano; l’imponenza
del gettito
aumenta e le cataste s’innalzano, si stratificano,
si dispiegano su un
perimetro più vasto. Aggiungi che più l’arte di Leonia
eccelle nel
fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora
la sua sostanza,
resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni
e combustioni. E’ una
fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda
Leonia, la sovrasta da ogni
lato come un acrocoro di montagne.
(...) Più ne cresce l’altezza, più aumenta il pericolo
delle frane: basta
un barattolo, un vecchio pneumatico, un fiasco spagliato
rotoli dalla parte
di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari
d’anni trascorsi, fiori
secchi sommergerà la città nel proprio passato che
invano tentava di
respingere, mescolato con quello delle città limitrofe
finalmente monde:
un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa,
cancellerà ogni
traccia della metropoli sempre vestita a nuovo
.
Nessun commento:
Posta un commento